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Alien Alien vs Sergej Prokofiev - Visioni Fuggitive

by Pescheria

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about

Sergej Prokofiev nasce nel 1891 nella sperduta campagna ucraina dove il papà era agronomo mentre la mamma, con cui passa molto tempo, apparteneva ad una famiglia di servi della gleba. Per tradizione ai figli di queste famiglie si insegnavano una serie di discipline artistiche e la madre aveva quindi potuto imparare a suonare il pianoforte trasmettendo questa passione al figlio.
Il piccolo Prokofiev si appassiona e la mamma gli suggerisce di seguire un insegnante più autorevole. Arriva dunque in casa un vecchio russo, insegnante di conservatorio severo e baffone, che gli fornisce gli strumenti per cominciare ad analizzare la musica dei grandi classici e capire l'armonia. Sergeij era fin da piccolo un giovane ribelle. La mamma raccontava di come non gli piacesse suonare i tasti neri. Faceva strane melodie solo sui tasti bianchi. A 13 anni ha già composto 70 pezzi per pianoforte, due opere, una sinfonia. E sempre a 13 anni, nel 1904, lo presentano a Rimsky-Korsakov, il grande vecchio del conservatorio di San Pietroburgo. Quell'ambiente lo vorrebbe diverso e lui comincia a fare il giovane alternativo. Era un pazzo spilungone che componeva pezzi strani perché gli piaceva fare cose di cui la gente avrebbe parlato.
Era nel momento della sua botta compositiva: lo doveva fare strano. Forse anche perché una sinfonia che aveva scritto a 11 anni fu ascoltata in anteprima a San Pietroburgo da un famoso pianista dell'epoca che la defini una sinfonia da ragazzini, con un'armonia banale, priva di originalità. Se la legò al dito, spingendosi ancor di più alla ricerca di soluzioni bizzarre.
Dal 1913 al 1918, quando Prokofiev finisce il conservatorio e compone le Visioni, in Russia e nel mondo sono in atto sconvolgimenti epocali: la rivoluzione, una guerra mondiale, l'affermarsi della teoria della relatività, l'esplosione delle avanguardie artistiche. In Russia erano attivi, oltre a Prokofiev, anche Stravinskij e Skrjabin; in Francia Debussy e Ravel, a Vienna Schönberg, Webern e Berg. C'era un fermento culturale assoluto come forse solo nel Rinascimento. La visione tradizionale della musica cominciava ad essere assai ristretta e stagnante. In tutto questo viveva il giovane ribelle Prokofiev.
Era fondamentale per lui interfacciarsi umanamente e musicalmente con una realtà totalizzante come quella. A San Pietroburgo c'erano dei pomeriggi musicali al di fuori del conservatorio in cui veniva suonata questa musica bizzarra da capelloni dell'epoca.
Dalla Russia, da Vienna e dalla Francia arrivavano gli ultimi spartiti stampati (il fonografo era agli albori) e Prokofiev, insieme ad una serie di amici schiantati, aveva creato un collettivo in cui si suonava al pianoforte la musica nuova di Skrijabin e di Ravel, tra gli altri. Se le partiture erano per orchestra le r1-arrangiavano, riscrivevano e analizzavano, avendo un estrema confidenza e conoscenza di tutto il panorama della musica a loro contemporanea. Prokofiev era immerso totalmente in questa onda. Gli affidarono la prima di San Pietroburgo dei tre pezzi di Schönberg per pianoforte Opera 11 che rappresentano, rispetto a quella che è stata l'evoluzione armonica e pianistica della musica fino a quel momento, una rottura totale.
In questi anni a San Pietroburgo Prokofiev esplode, scrive una valanga di pezzi per pianoforte, concerti per piano e orchestra e lavora a un'altra opera... Le nuove correnti smontano il concetto della tonalità ed allentano fino a disintegrare le norme che risalivano ai tempi di Bach, sulle quali si era basata la musica occidentale fino a quel momento. Si cancellano in tutto o in parte i rigidi rapporti gerarchici tra le note, soprattutto nel finale di un pezzo: te ne puoi andare un po' di palo in frasca, modulare, quindi cambiare fra varie tonalità, però il finale del pezzo è il momento in cui, caro compositore, mi devi dire assolutamente in che tonalità è il tuo pezzo! Se i Viennesi si avventurano in questo percorso estremo giungendo a risultati talvolta difficili da seguire, questo non accade con Prokofiev. Si tratta di musica che ha un effetto piuttosto straniante, ma che arriva anche dritta al cuore. Come tutte le nuove musiche viene accolta con difficoltà dalle vecchie generazioni, ma piano piano prende piede e il suo linguaggio armonico lo ritroviamo ancora oggi, soprattutto nella musica per immagini, nelle colonne sonore. Prokovfiev prende spunto dalle indicazioni e dai fermenti dei suoi contemporanei ed elabora un linguaggio musicale tutto suo, al contempo ingenuo, diretto e modernissimo come poi ritroviamo nelle Visioni Fuggitive.
Questa per lui era un una raccolta di allucinazioni descrittive di quello che gli stava intorno. Nei pomeriggi di San Pietroburgo Prokofiev suona le opere di Schönberg e da questo genere di musica atonale prende questo gusto per i finali sospesi, per la musica che non deve concludersi forzatamente in dominante e tonica, come è stato fino ad allora. Prende gusto per l'estrema ambiguità tonale: in che tonalità siamo? Non saprei dirlo. Nel caso delle Visioni e per la maggior parte dei suoi pezzi non ti saprei dire in che tonalità siamo, a volte ci sono addirittura due tonalità contemporaneamente. I finali delle Visioni
Fuggitive sono la cosa più assurda perché sono finali estremamente coerenti ma che allo stesso tempo non c'entrano assolutamente nulla con il resto del brano e con quello successivo. Si, i finali sono assolutamente le parti più interessanti secondo me, le più innovative di tutto questo ciclo. La forma del preludio è una forma breve e molto libera come stile e struttura: il preludio può essere veloce, lento, polifonico, monofonico, preludio appunto. Introduzione a qualcosa che viene dopo.
Il preludio è sempre stata un po' una valvola di sfogo del compositore: la forma più breve più liberatoria e più effimera della letteratura musicale. È Chopin che con i suoi 24 preludi rende questa forma autonoma, non più introduzione a qualcos'altro.
Penso che le Visioni Fuggitive dal punto di vista formale derivino proprio dai preludi, ma anche dall'ammirazione sconfinata di Probofiev per Schumann. Quest'ultimo aveva già dedicato molto lavoro a raccolte di pezzi, come il "Carnaval", che sono di fatto dei ritratti. Questo vale anche per le Visioni Fuggitive, che sono forme spontanee, dirette ed emotive e che non vogliono essere né sonate né fughe, né null'altro. Peraltro alle singole partiture della raccolta Prokofiev nemmeno dà dei titoli, le scrive come un insieme di 20 piccoli pezzi che mi ossessionano da molto tempo. Perché sono liberi, non suonano come la musica classica, ma non sono neanche troppo strani. C'è sempre un equilibrio particolare. Sono pezzi da un minuto, a volte anche da 30, 20 secondi, in un ordine del tutto libero. Quando le pubblica dice che le Visioni possono essere suonate tutte e 20, si possono suonare nell'ordine in cui sono scritte, ma anche in un altro; se ne possono suonare una, tre, cinque e via dicendo.
Per questo è piuttosto difficile trovarle incise tutte insieme. Le Visioni Fuggitive vengono composte intorno ai suoi 22/24 anni, tra il 1914 e il 1917.

Il testo è tratto da una conversazione con Rodion per il ciclo Scuola serale/Bagno di suono a cura di Pescheria per il Teatro di Roma - presso il Teatro India, il 3 dicembre 2020.
Anche Rodion ha conosciuto fin da piccolo la fascinazione per la musica classica, gli spartiti e il loro codice segreto. E anche lui al conservatorio era un giovane ribelle. Fin dal primo incontro i due Alien Alien (Rodion e Hugosan) hanno abbracciato le Visioni Fuggitive di Prokofiev come una fonte di ispirazione ineasuribile verso il sublime, estraniante tensione di gioco dolcezza desiderio paura. Finalmente le eseguono assieme dal vivo. e dalla registrazione il rabdomante dj e produttore Marco Foresta ne dipinge un paesaggio lunare e misterioso.

Edoardo "Rodion" Cianfanelli: Pianoforte Yamaha grand touch GT2
Hugo Sanchez: Digital delay Boss dd7, loop station Electro Harmonix 9300, field recordings
Marco Foresta: console Pioneer NA2+ Technics 1200 mk2, Ableton Live

credits

released October 17, 2023

Dipinto: Federica Fumarola

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